Tra le tante abbazie che la terra di Siena può
vantare la più importante, per tutto quello che rappresenta nella storia della
religiosità, dell’architettura e dell’arte è certamente l’abbazia di S. Antimo.
Mirabile sintesi di architettura, l’edificio appare all’esterno come un grande
libro illustrato, che si offre alla facile interpretazione del visitatore
occasionale e a quella più complessa degli studiosi di arte sacra. Pietre e
mattoni mutevoli per colore, al volgere del sole, sono custodi di immagini
preziose, pagine da sfogliare una ad una. La costruzione è su una piccola valle
cinta da un altrettanto piccolo anfiteatro di dolci colline coperte da ulivi,
pini e cipressi, circondate da vigne preziose, che offrono verde in tutte le
sfumature.
La storia di questa Abbazia è lunga e complessa.
Secondo la tradizione venne fondata da Carlo magno il quale rientrando da Roma
dove era stato ricevuto dal Pontefice Adriano I° sostò, dopo tre giorni di
cammino, con il suo seguito in questa valle riparata dai gelidi venti. I suoi
cortigiani furono improvvisamente colpiti e decimati dalla peste. Carlo Magno
per far fronte al flagello fece un voto al Signore, che esauditolo fondò sul
posto un monastero benedettino. Un’altra versione racconta invece, che Carlo Magno,
ricevuti dal Papa Adriano I° i resti mortali dei santi Sebastiano e Antimo, in
onore di quest’ultimo, rientrando da Roma, avrebbe eretto un monastero.
Sulle origini dell’Abbazia sono state svolte
indagini e ricerche approfondite che non lasciano spazio a storie e a leggende.
L’anno di fondazione viene fatto risalire al 784, quando Carlo Magno transitò
in terra senese.
L’abbazia raggiunse il suo massimo splendore tra
l’XI° e il XII° quando i monaci di S. Antimo ebbero il titolo di Conti del
sacro Romano Impero. Con il titolo ebbero giurisdizione su numerose chiese e
castelli toscani, che consentì loro di esercitare un potere temporale anche su
tutto il territorio di Montalcino. Con il decadere della potenza benedettina,
questi furono sostituiti dai Guglielmiti.
L’abbazia passa alla diocesi di Montalcino e, nel 1150 entra sotto il
controllo della potente “chiesa” di S ; Salvatore di Monte Amiata.
Nel 1462 Pio II°, papa Piccolomini da Pienza,
sopprime il monastero e, come conseguenza, le antiche abitazioni vengono
abbandonate. I nuovi vescovi scelgono Montalcino, come nuova sede. Più sicura e
meglio difesa dalle scorribande brigantesche del luogo.
Nel tempo, il totale abbandono provoca la
progressiva scomparsa degli edifici conventuali. Oggi di quella imperiosa e
imperiale costruzione rimangono solo pochi resti : una parte della sala
capitolare, il tracciato del chiostro e il refettorio, che è stato trasformato
in abitazione. Nonostante tutto però, basta guardarsi attorno per scoprire i
particolari segni del grande valore artistico e di grande suggestione. Silenti,
immobili, le vestigia dei secoli trascorsi hanno saputo mantenere e,
gelosamente custodire dentro se, la memoria del loro fulgore, le preziose
reliquie evocanti il suo impareggiabile passato.
La Chiesa a tre navate, con archi a tutto sesto, sostenuti da
colonne di alabastro, con splendidi capitelli, è degli inizi del XII secolo e,
conserva tuttora l’originaria solidità e coerenza del periodo di costruzione.
Imponente soprattutto il matroneo, che gira attorno alla navata centrale, cui
si accede per mezzo di un'angusta scala a chiocciola. Riadattato ad abitazione
nel XV° secolo ha le pareti affrescate.
Le ampie finestre, inondano di luce le navate
laterali, contribuendo ad illuminare il pavimento di centro, accentuando
gradevoli effetti cromatici d’insieme.
Qui emerge prepotente una realtà diversa che si nota
di fronte ai grandi monumenti religiosi. A Sant’Antimo questa realtà è laica e
leggera : “Laica” perché il forte senso di identità locale che, ha sempre
caratterizzato i centri toscani, privilegia questo luogo di preghiera.
“Leggera” perché l’architettura Toscana non ha la pesantezza del Romanico o, il
senso della vertigine del gotico francese.
L’altare segna la parte terminale dell’edificio e,
sotto di esso si sviluppa una piccola cripta, quel vago segno che vi si respira
visitandola contribuisce al fascino di un luogo che può contemplare suoi
rivolgimenti storici. Queste mura racchiudono tesori e memorie dei tempi in cui
gli uomini erano poveri di beni materiali, però immensamente ricchi nello
spirito e nelle virtù. Una visita a questo luogo è anche una lezione, su quelle
materie che non figurano più tra quelle che si insegnavano alla scuola della
vita. La visita a questa abbazia è quindi una occasione di confronto tra i
costumi di quel lontanissimo ieri e, di questo incredibile oggi.
Il vento che, spesso spazza questo piccolo eden ed
ama sollevare la polvere ed increspare le chiome grigie degli ulivi, come una
divinità sembra ringraziare il cielo per poter accarezzare, non solo un
monumento di autentica arte di tecnica medioevale, ma soprattutto il cuore
invisibile di un luogo ricco di ricordi importanti.
Chiusi 20.07.2012 – Renato Nenci
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