Renato Nenci è nato e vive a Chiusi. Militare nel il 3° Reggimento Savoia Cavalleria, è un funzionario del Comune di Chiusi in quiescenza. Cavaliere al Merito della Repubblica e Commendatore dell'Ordo Militum Templi è giornalista, pubblicista e saggista. Come poeta ha esordito con una raccolta di poesie nel 1968, "Cento lacrime di Glicine" seguito da "Poesie scritte sottovoce" Ed. Orizzonti Letterari, Milano, 1975 e da "Il cinquantunesimo" nel 1978. Da giornalista, è direttore responsabile alcuni periodici a livello locale e nazionale e cura rubriche di arte e cultura in riviste specializzate. Capo Ufficio Stampa di Wealt Planet, cura le Pubbliche relazioni di alcune Associazioni. Appassionato di storia, in particolare medievale, ha studiato e studia la storia degli Ordini Monastici con particolare attenzione ai Templari. Ha pubblicato diversi scritti tra i quali "I Templari" nel 2004 Ed. Nuova MDM, "Processo Templare" nel 2006 Ed. Maprosti & Lisanti e "I Cavalieri del Tempio" nel 2008, Ed. Thesan e Thuran. Ha fondato il Lions Club Chiusi, di cui è stato il primo presidente, e il Club Valdiachiana I Chiari ed ha ricoperto incarichi distrettuali nel Lions Club International. E' membro di diritto del Capitolo Generale dell'Ordo Militum Templi di cui dirige e comanda la Magione Templare Francigena di Radicofani.

SANT'ANTIMO, EREMO BENEDETTINO FONDATO DA CARLO MAGNO



Tra le tante abbazie che la terra di Siena può vantare la più importante, per tutto quello che rappresenta nella storia della religiosità, dell’architettura e dell’arte è certamente l’abbazia di S. Antimo. Mirabile sintesi di architettura, l’edificio appare all’esterno come un grande libro illustrato, che si offre alla facile interpretazione del visitatore occasionale e a quella più complessa degli studiosi di arte sacra. Pietre e mattoni mutevoli per colore, al volgere del sole, sono custodi di immagini preziose, pagine da sfogliare una ad una. La costruzione è su una piccola valle cinta da un altrettanto piccolo anfiteatro di dolci colline coperte da ulivi, pini e cipressi, circondate da vigne preziose, che offrono verde in tutte le sfumature.
La storia di questa Abbazia è lunga e complessa. Secondo la tradizione venne fondata da Carlo magno il quale rientrando da Roma dove era stato ricevuto dal Pontefice Adriano I° sostò, dopo tre giorni di cammino, con il suo seguito in questa valle riparata dai gelidi venti. I suoi cortigiani furono improvvisamente colpiti e decimati dalla peste. Carlo Magno per far fronte al flagello fece un voto al Signore, che esauditolo fondò sul posto un monastero benedettino. Un’altra versione racconta invece, che Carlo Magno, ricevuti dal Papa Adriano I° i resti mortali dei santi Sebastiano e Antimo, in onore di quest’ultimo, rientrando da Roma, avrebbe eretto un monastero.
Sulle origini dell’Abbazia sono state svolte indagini e ricerche approfondite che non lasciano spazio a storie e a leggende. L’anno di fondazione viene fatto risalire al 784, quando Carlo Magno transitò in terra senese.
L’abbazia raggiunse il suo massimo splendore tra l’XI° e il XII° quando i monaci di S. Antimo ebbero il titolo di Conti del sacro Romano Impero. Con il titolo ebbero giurisdizione su numerose chiese e castelli toscani, che consentì loro di esercitare un potere temporale anche su tutto il territorio di Montalcino. Con il decadere della potenza benedettina, questi furono sostituiti dai Guglielmiti.  L’abbazia passa alla diocesi di Montalcino e, nel 1150 entra sotto il controllo della potente “chiesa” di S ; Salvatore di Monte Amiata.
Nel 1462 Pio II°, papa Piccolomini da Pienza, sopprime il monastero e, come conseguenza, le antiche abitazioni vengono abbandonate. I nuovi vescovi scelgono Montalcino, come nuova sede. Più sicura e meglio difesa dalle scorribande brigantesche del luogo.
Nel tempo, il totale abbandono provoca la progressiva scomparsa degli edifici conventuali. Oggi di quella imperiosa e imperiale costruzione rimangono solo pochi resti : una parte della sala capitolare, il tracciato del chiostro e il refettorio, che è stato trasformato in abitazione. Nonostante tutto però, basta guardarsi attorno per scoprire i particolari segni del grande valore artistico e di grande suggestione. Silenti, immobili, le vestigia dei secoli trascorsi hanno saputo mantenere e, gelosamente custodire dentro se, la memoria del loro fulgore, le preziose reliquie evocanti il suo impareggiabile passato.
La Chiesa a tre navate, con archi a tutto sesto, sostenuti da colonne di alabastro, con splendidi capitelli, è degli inizi del XII secolo e, conserva tuttora l’originaria solidità e coerenza del periodo di costruzione. Imponente soprattutto il matroneo, che gira attorno alla navata centrale, cui si accede per mezzo di un'angusta scala a chiocciola. Riadattato ad abitazione nel XV° secolo ha le pareti affrescate.
Le ampie finestre, inondano di luce le navate laterali, contribuendo ad illuminare il pavimento di centro, accentuando gradevoli effetti cromatici d’insieme.
Qui emerge prepotente una realtà diversa che si nota di fronte ai grandi monumenti religiosi. A Sant’Antimo questa realtà è laica e leggera : “Laica” perché il forte senso di identità locale che, ha sempre caratterizzato i centri toscani, privilegia questo luogo di preghiera. “Leggera” perché l’architettura Toscana non ha la pesantezza del Romanico o, il senso della vertigine del gotico francese.
L’altare segna la parte terminale dell’edificio e, sotto di esso si sviluppa una piccola cripta, quel vago segno che vi si respira visitandola contribuisce al fascino di un luogo che può contemplare suoi rivolgimenti storici. Queste mura racchiudono tesori e memorie dei tempi in cui gli uomini erano poveri di beni materiali, però immensamente ricchi nello spirito e nelle virtù. Una visita a questo luogo è anche una lezione, su quelle materie che non figurano più tra quelle che si insegnavano alla scuola della vita. La visita a questa abbazia è quindi una occasione di confronto tra i costumi di quel lontanissimo ieri e, di questo incredibile oggi.
Il vento che, spesso spazza questo piccolo eden ed ama sollevare la polvere ed increspare le chiome grigie degli ulivi, come una divinità sembra ringraziare il cielo per poter accarezzare, non solo un monumento di autentica arte di tecnica medioevale, ma soprattutto il cuore invisibile di un luogo ricco di ricordi importanti.
Chiusi 20.07.2012 – Renato Nenci

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