Renato Nenci è nato e vive a Chiusi. Militare nel il 3° Reggimento Savoia Cavalleria, è un funzionario del Comune di Chiusi in quiescenza. Cavaliere al Merito della Repubblica e Commendatore dell'Ordo Militum Templi è giornalista, pubblicista e saggista. Come poeta ha esordito con una raccolta di poesie nel 1968, "Cento lacrime di Glicine" seguito da "Poesie scritte sottovoce" Ed. Orizzonti Letterari, Milano, 1975 e da "Il cinquantunesimo" nel 1978. Da giornalista, è direttore responsabile alcuni periodici a livello locale e nazionale e cura rubriche di arte e cultura in riviste specializzate. Capo Ufficio Stampa di Wealt Planet, cura le Pubbliche relazioni di alcune Associazioni. Appassionato di storia, in particolare medievale, ha studiato e studia la storia degli Ordini Monastici con particolare attenzione ai Templari. Ha pubblicato diversi scritti tra i quali "I Templari" nel 2004 Ed. Nuova MDM, "Processo Templare" nel 2006 Ed. Maprosti & Lisanti e "I Cavalieri del Tempio" nel 2008, Ed. Thesan e Thuran. Ha fondato il Lions Club Chiusi, di cui è stato il primo presidente, e il Club Valdiachiana I Chiari ed ha ricoperto incarichi distrettuali nel Lions Club International. E' membro di diritto del Capitolo Generale dell'Ordo Militum Templi di cui dirige e comanda la Magione Templare Francigena di Radicofani.
IL SOLSTIZIO D'ESTATE E LA NOTTE DEL 24 GIUGNO O NOTTE DI SAN GIOVANNI
Il Solstizio d'Estate e la notte del 24 Giugno
o notte di S. Giovanni
Solstizio:
Il sole in questo periodo sembra fermarsi, sorgendo e tramontando
sempre nello stesso punto sino al 24 giugno (per quello invernale
il 25 Dicembre) quando ricomincia a muoversi sorgendo gradualmente
sempre più a sud sull'orizzonte (a nord per quello invernale).
La notte di S. Giovanni, il 24 giugno appunto, rientra nelle celebrazioni solstiziali; il nome deriva dalla religione Cristiana, perche' secondo il suo calendario liturgico vi si celebra San Giovanni Battista (come il 27 dicembre S. Giovanni Evangelista).
In questa festa, secondo un'antica credenza il sole (fuoco) si sposa con la luna (acqua): da qui i riti e gli usi dei falo' e della rugiada, presenti nella tradizione contadina e popolare. Non a caso gli attributi di S. Giovanni sono il fuoco e l'acqua, con cui battezzava... una comoda associazione, da parte del cristianesimo, per sovrapporsi alle antiche celebrazioni...
Cosi' nel corso del tempo, c'e' stato un mischiarsi di tradizioni antiche, pagane, e ritualita' cristiana, che dettero origine a credenze e riti in uso ancora oggi e ritrovabili perlopiu' nelle aree rurali.
La divinazione
La notte di s. Giovanni e' legata a tantissime forme di divinazione, utilizzando come base acqua e/o piante. Le divinazioni piu' famose vertevano sull'indovinare qualcosa del proprio futuro amoroso e matrimoniale.
Qui di seguito eccone alcune:
Le ragazze da marito, se vogliono conoscere qualcosa sulle loro future nozze, dovranno, la sera della vigilia del 24 giugno, rompere un uovo di gallina bianca e versarne l'albume in un bicchiere o un vaso pieno d'acqua, poi lo prenderanno e lo metteranno sulla finestra, lasciandolo esposto tutta la notte alla rugiada di S. Giovanni. Il mattino successivo, appena levato il sole, si prendera' il bicchiere, e attraverso le forme composte dall'albume nell'acqua, si trarranno auspici sul futuro matrimonio.
Oltre all'uovo poteva venir impiegato il piombo fuso: versato nell’acqua si raffreddava velocemente e dalla forma assunta si traevano previsioni sul mestiere del futuro marito.
Vi e' anche una versione di questo metodo che al posto del piombo prevedeva l'utilizzo dello zolfo.
Qui invece abbiamo una divinazione con forme vegetali: i cardi. Presi due, di grandi dimensioni gli si bruciacchiava la testa, poi si mettevano in un recipiente sul davanzale della finestra, uno con il capo rivolto verso l’interno, l'altro verso l’esterno. Se al mattino uno dei cardi era ritto sullo stelo, la ragazza interessata entro l’anno si sarebbe sposata; se il cardo era quello interno, con uno del proprio paese, se quello verso l'esterno, allora si sarebbe maritata con uno di fuori.Un altro sistema con i cardi prevedeva di bruciarne la corolla e lasciarla tutta la notte fuori della casa. Al mattino occorreva osservarla attentamente: se appariva di colore rossastro era segno di buona sorte ma se appariva nera era indice di sicura sfortuna.
C'era anche un sistema con le fave. La sera del 23 le giovani nubili dovevano prendere tre fave: una intera, una sbucciata e la terza rotta nella parte sopra, e metterle sotto il cuscino al momento di andare a dormire. Durante la notte dovevano prenderne una a caso: se prendevano quella intera, buona sorte e ricchezza, la mezza poca sorte e quella sbucciata, cattivo auspicio.
Per terminare questa succinta carrellata di usi legati al solstizio e alla notte del 24 giugno (sono veramente molti, diffusi in tutta Italia e oltre), segnalo l'usanza di mangiare le lumache per San Giovanni. Il significato di questo gesto e' legato perlopiu' alle corna delle lumache (che oltretutto simboleggiano la luna e il suo ciclo di crescita/decrescita, rappresentato dalle cornine). Per cui, ogni lumaca mangiata, e quindi cornetto, si ritiene che sia scongiurato un malanno... cosi' come il rischio di "corna" in casa.
Buon Solstizio
14 FEBBAIO, PERCHE’ SAN VALENTINO?
14 FEBBAIO, PERCHE’ SAN VALENTINO?
“Le fanciulle erano in numero di centosette, dopo la messa
usciurono di chiesa, ordinandosi in una lunga processione, baciavano i piedi al
papa e questi dopo aver impartito la benedizione, porgeva a ciascuna una borsa
di damasco bianco contenente una polizza. Quella che avesse trovato uno sposo
avrebbe ricevuto un dono di 35 denari e un abito bianco”.
Così Mountin, il grande umanista francese, descriveva nel
1581, la consegna delle doti alle fanciulle povere di Roma, il giorno 14
febbraio, festa di San Valentino.
Un rito in cui si radica, forse, una delle ragioni del Santo
Patrono di Terni, come protettore degli innamorati.
Di Terni, Valentino fu il primo Vescovo nel II secolo d.C..
Fu martorizzato per decapitazione lungo la via Flaminia, tra Terni e Roma, il
14 febbraio del 273.
La basilica del Santo, sorta per tradizione sulla cripta
paleocristiana dove fu sepolto dai discepoli, custodisce le sue spoglie
mortali, e in questa basilica il rito dell’invito al matrimonio, dei fidanzati,
si ripete ogni anno, unendosi alle delle coppie che festeggiano, invece il
mezzo secolo di vita in comune.
“L’amore cresce e deve crescere giorno per giorno. L’amore è vita, è
conquista, è dinamismo per cui dobbiamo continuamente crescere nell’amore di
Dio e dei credenti.”
Così ha suggerito, oggi, il parroco della Basilica di San
Valentino nella sua omelia, durante la messa dedicata “agli innamorati”.
Nella metà degli anni settanta intorno alla manifestazione
in onore di San Valentino è sorta una fondazione, presieduta dallo scienziato
Antonio Zichichi, secondo il quale, la figura del patrono di Terni rappresenta,
anche in questo nuovo millennio rappresenta l’emblema della riconciliazione,
tra scienza e pace, nel segno dell’amore.
Renato Nenci___________14 febbraio 2013____________________________________________
BOLSENA
Bolsena per quanto vicinissima alle correnti
turistiche, la città non si è ne compromessa ne degradata accettando con
prudenza quanto di meglio poteva offrirgli il progresso, ma rifiutando quanto
le avrebbe fatto, perdere della propria identità.
D’inverno sonnecchia come un piccolo paese, anche se
la quiete provinciale è appena animata da qualche sparuto gruppetto di
visitatori. In primavera la vita torna a fluire con intensità crescente, fino
al culmine estivo con una grande quantità di turisti.
I colli intorno alla città, fanno parte del “gruppo
montuoso” dei Volsini, sono ricchi di boschi ed in epoca etrusca erano il luogo
deputato a Centro Religioso dell’intero popolo dei Rasenna. Le querce, i
noccioli e i castagni spesso hanno affondato le loro radici su resti di antichi
insediamenti etruschi e romani.
E’ questo un antichissimo centro sorto sulle pendici
delle soavi e sensuali colline che degradano dolcemente intorno all’omonimo
lago.
Bolsena è da sempre città protagonista di storie
strane, soprannaturali, teatro di grandi e divine vicende fin dall’età più
remota. Già al tempo di Salarco, dio etrusco dei boschi, questi indicò il luogo
come quello di raccolta e di preghiera per tutti i Sacerdoti etruschi.
Protagonista dell'ambiente naturale in cui si adagia, lo è anche per forme
artistiche di rilavante interesse ; depositaria di un patrimonio
eccezionale in cui la cultura dei secoli ha lasciato segni famosi. Il martirio
di Santa Cristina, giovane martire perseguitata da Diocleziano fu il primo dei
segni divini che ebbe la città. Il miracolo eucaristico del sangue di Cristo,
fu lo straordinario evento che cambiò la sua storia. I luoghi di tanta
straordinaria attenzione sono racchiusi tutti entro le stesse mura. Il
complesso architettonico che forma la cattedrale è distinto in tre nuclei e
comprende la piccola basilica, con annesse catacombe, dedicata alla santa, la
cappella del miracolo innalzata nel 1693 e un edificio romanico a tre navate
che ingloba tutto quanto. Ci sono poi altri fili, più sottili, meno divini, più
umani, impalpabili, di cui è intessuta l’identità di Bolsena, che compongono la
tela di ragno della sua storia e delle sue tradizioni. Partono da lontano,
quando l’intera area era nota “al mondo” come centro religioso dell’intera confederazione
Etrusca. Le notizie abbastanza vaghe, acquistano, poi, consistenza nel periodo
più antico, quando i reperti recentemente ritrovati, risalenti al IX secolo
a.c., indicano esplicitamente il primo insediamento.
Acqua pura, dolci vallate e boschi sempreverdi sono
i tre tasselli di un intreccio che, al pari di un mosaico, presentano immagini
molto lontane dalla quotidianità moderna, ma geograficamente molto vicine e,
che fanno di questo luogo un sito di trasognata idilliaca beltà.
Per arrivare a Bolsena si lascia il monotono
susseguirsi delle colline che fanno da cornice alla consolare Cassia, per
addentrarsi in un mondo diverso. Il nastro di asfalto che ci lasciamo alle
spalle si snoda cingendo in un abbraccio i monti Volsini ricoperti di uliveti e
alberi da frutto, nonché da vigneti, grandi quanto fazzoletti e, così ben
squadrati da sembrare usciti da un trattato di geometria. Un altro tornante e
ci si tuffa nella storia ed è come entrare in un mondo rovesciato, dove si può
ancora “ascoltare il silenzio” ; sembra essere entrati in un’atmosfera
inquietante, sovrannaturale, dove tutto è a misura d’uomo e non viceversa. E
tutto sembra irreale, come in un luogo delle favole.
Le erte stradine che salgono verso la Rocca, sono un gomitolo di
scorci assolutamente unici. Lievi logge in cotto e pietra, arcate aeree,
colonne sono come quinte d’una scenografia teatrale su un palcoscenico dove
ogni giorno si replica la stessa commedia di sempre. Cercare di visitarle è
come ripercorrere i sentieri più spettacolari della storia ed è come uscire dai
testi classici e leggere la cronaca di Bolsena sui muri, sulle grate delle
finestre, sui portali, sulle pietre calpestate. Scopriamo la città non solo nei
suoi scorci più noti e ufficiali, ma anche in quelli di solito evitati,
volutamente dimenticati, imbarazzanti, per alcuni, nella loro rozza
trasgressività, eppure non per questo meno vivi e reali. Scopriamo, allora, di
avere percorso non solo le vie più larghe e pulite, ma anche vicoli sporchi e
stretti. D’avere spinto lo sguardo non solo all’interno di stanze ben arredate
e luminose, ma anche in “fondi” scuri e sudici, che poi è il modo migliore di
conoscere una città.
Il retaggio di antiche usanze e superstizioni,
ancora fervido, rivivono oggi, attraverso le rievocazioni che alla solitudine e
al pianto uniscono le interpretazioni dei sentimenti più intimi dell’uomo. Così
come la rappresentazione festosa del Corpus Domini e delll’Infiorata, intreccio
di credenze religiose e pagane che si fondono nell’interpretazione della gente.
L’Ostensorio, con l’ostia consacrata, è portato in processione per le vie del
paese antico, ricoperte da un chilometrico tappeto di petali di fiori che
raffigurano la passione di Nostro Signore. E questo perché la sacra reliquia
non calpesti le “pagane pietre”.
Percorrendo le lastricate ed erte strade di Bolsena si raggiunge il
Castello del XIII secolo, edificato da Papa Urbano IV con le pietre dell’antica
Bisentium, la cui Acropoli e poco distante. La fortificazione, snella e con un
disegno architettonico slanciato e lieve, fa da contrappunto alla Chiesa che le
sta di fronte, la cui facciata in stile romanico in pietra bianca manda
bagliori esaltanti. Il castello è oggi sede del museo cittadino, piccolo ma
considerato tra i più interessanti ed importanti della zona. Eccezionale per la
sua collezione archeologica etrusca, risalente al periodo arcaico e a quello
dell’età del bronzo. Di particolare rilevanza storico-artistica i reperti
votivi, intelligente l’impostazione didattica che gli è stata data.
E’ dai muri di ronda del castello che, sia nell’ora
dorata del tramonto o nel fulgore del meriggio o nella brillantezza del mattino
si può ammirare il lago, in tutto il suo splendore, ed al centro di esso le sue
piccole isole. La più grande, dove sopravvive un bosco di macchia mediterranea,
ospita il Palazzo Farnese attribuito ad un progetto di Antonio da S. Gallo il
Giovane. La più piccola, nata dal bordo superiore di un cratere minore, è
disabitata. L’intero lago formatosi sul cratere di un vulcano spento è ricco di
molte specie di pesce, tra cui spicca il Coregone, da vago sapore di spigola.
Con i suoi 114 Kmq. ed il perimetro di 43 Km. È il lago più grande le Lazio e il
quinto d’Italia. Una strada lo costeggia costantemente, per 60 chilometri,
rasentano le sue rive e i crinali delle colline. Intorno a questo lago nascono
itinerari veramente unici a tratti fiancheggiati da panorami spettacolari e a
tratti impervi. Non mancano scorci importanti, sui quali si incontrano altri
centri rivieraschi.
Il lago di un celeste intenso non è inquinato e
permette una visibilità fino a 15
metri, le sue acque fanno da specchio alla luna in cielo
e alla fitta vegetazione delle rive, sembra impossibile, ma le sue acque sono
potabili.
La cucina, di Bolsena, è genuina e pura, legata,
come di dovere, alla cultura lacustre, usa prodotti genuini tratti da una terra
fertile e generosa come quella delle sue colline. Qui l’arte culinaria è rozza,
ma ciò non vuol dire che i piatti siano poco saporiti, sono solo poco
elaborati, preparati con l’essenzialità che l’ambiente richiede. Per cucinare
si usa ancora oggi, come nei tempi antichi, la stessa acqua del lago. Nelle
trattorie più antiche, si può ancora gustare la “sbroscia”. Semplice, saporita
e poco elaborata zuppa di pesce lacustre e verdure. Se poi, il tutto è
annaffiato dal generoso vino bianco che producono le fertili colline dei
Volsini, non fa certo rimpiangere le fatiche della visita ad una città tutta in
salita.
RENATO NENCI
UOMO....TEMPLARE!
Uomo, ti avverto,
chiunque tu sia.
Tu che desideri sondare gli Arcani dei misteri Templari,
se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi
non potrai trovarlo nemmeno fuori.
Se ignori le meraviglie del tuo essere,
come pretendi di trovare altre meraviglie?
Fratello in te si trova occulto il Tesoro dei Cavalieri Templari
Oh! Cavaliere conosci te stesso e conoscerai l’Universo.
Tu che desideri sondare gli Arcani dei misteri Templari,
se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi
non potrai trovarlo nemmeno fuori.
Se ignori le meraviglie del tuo essere,
come pretendi di trovare altre meraviglie?
Fratello in te si trova occulto il Tesoro dei Cavalieri Templari
Oh! Cavaliere conosci te stesso e conoscerai l’Universo.
Renato Nenci-----------------08.10.2013--------------
2012: LA STORIA DI UN ANNO...
Venerdì, 26 ottobre 2012 - Radicofani,
come 2 ragazzini al loro primo incontro sotto la tenerezza di uno sguardo, senza
forte passione, ma la spontaneità di essere lì senza pensieri né ripensamenti.
Una scelta segnata, senza domande e senza esigere risposte
Nell’incantesimo di un nulla eppure … appena percepito e già approvato.
Nell’incanto di silenzi senza parole, tacitamente muti consapevoli solo di trovarci li.
Sguardi increduli che ci sfiorano, uno stringersi la mano per trasmettere calore. Il cuore che ruba momenti, sappiamo che durerà poco e il mondo tutt’intorno tacito osserva.
Si va in cerca di fotografare un ricordo che rimarrà indelebile. Il colore dei fiori che ci guardano dall’alto, e ci fermano lo sguardo. l’immagine si perde al di là, rimane un’atmosfera calma e pacata .
Seduti uno di fronte all’altra, ascoltando il brusio delle voci che silenziose ci giungono;i discorsi degli altri non ci appartengono,e ci ascoltiamo silenziosi, sereni, con una tranquillità d’animo mai assaporata .Sorrisi incerti concedono sorrisi complici e ci si avvicina per far si che ci si sfiori
e per lasciare l’impronta di un sorriso sulle labbra, un tremulo bacio e poi ancora un altro, uno sguardo complice…tanta speranza, nessuna domanda, nessuna risposta … Noi due.
Voglio rivederti …prima che il tempo mi rubi altro tempo!Una scelta segnata, senza domande e senza esigere risposte
Nell’incantesimo di un nulla eppure … appena percepito e già approvato.
Nell’incanto di silenzi senza parole, tacitamente muti consapevoli solo di trovarci li.
Sguardi increduli che ci sfiorano, uno stringersi la mano per trasmettere calore. Il cuore che ruba momenti, sappiamo che durerà poco e il mondo tutt’intorno tacito osserva.
Si va in cerca di fotografare un ricordo che rimarrà indelebile. Il colore dei fiori che ci guardano dall’alto, e ci fermano lo sguardo. l’immagine si perde al di là, rimane un’atmosfera calma e pacata .
Seduti uno di fronte all’altra, ascoltando il brusio delle voci che silenziose ci giungono;i discorsi degli altri non ci appartengono,e ci ascoltiamo silenziosi, sereni, con una tranquillità d’animo mai assaporata .Sorrisi incerti concedono sorrisi complici e ci si avvicina per far si che ci si sfiori
e per lasciare l’impronta di un sorriso sulle labbra, un tremulo bacio e poi ancora un altro, uno sguardo complice…tanta speranza, nessuna domanda, nessuna risposta … Noi due.
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