Bolsena per quanto vicinissima alle correnti
turistiche, la città non si è ne compromessa ne degradata accettando con
prudenza quanto di meglio poteva offrirgli il progresso, ma rifiutando quanto
le avrebbe fatto, perdere della propria identità.
D’inverno sonnecchia come un piccolo paese, anche se
la quiete provinciale è appena animata da qualche sparuto gruppetto di
visitatori. In primavera la vita torna a fluire con intensità crescente, fino
al culmine estivo con una grande quantità di turisti.
I colli intorno alla città, fanno parte del “gruppo
montuoso” dei Volsini, sono ricchi di boschi ed in epoca etrusca erano il luogo
deputato a Centro Religioso dell’intero popolo dei Rasenna. Le querce, i
noccioli e i castagni spesso hanno affondato le loro radici su resti di antichi
insediamenti etruschi e romani.
E’ questo un antichissimo centro sorto sulle pendici
delle soavi e sensuali colline che degradano dolcemente intorno all’omonimo
lago.
Bolsena è da sempre città protagonista di storie
strane, soprannaturali, teatro di grandi e divine vicende fin dall’età più
remota. Già al tempo di Salarco, dio etrusco dei boschi, questi indicò il luogo
come quello di raccolta e di preghiera per tutti i Sacerdoti etruschi.
Protagonista dell'ambiente naturale in cui si adagia, lo è anche per forme
artistiche di rilavante interesse ; depositaria di un patrimonio
eccezionale in cui la cultura dei secoli ha lasciato segni famosi. Il martirio
di Santa Cristina, giovane martire perseguitata da Diocleziano fu il primo dei
segni divini che ebbe la città. Il miracolo eucaristico del sangue di Cristo,
fu lo straordinario evento che cambiò la sua storia. I luoghi di tanta
straordinaria attenzione sono racchiusi tutti entro le stesse mura. Il
complesso architettonico che forma la cattedrale è distinto in tre nuclei e
comprende la piccola basilica, con annesse catacombe, dedicata alla santa, la
cappella del miracolo innalzata nel 1693 e un edificio romanico a tre navate
che ingloba tutto quanto. Ci sono poi altri fili, più sottili, meno divini, più
umani, impalpabili, di cui è intessuta l’identità di Bolsena, che compongono la
tela di ragno della sua storia e delle sue tradizioni. Partono da lontano,
quando l’intera area era nota “al mondo” come centro religioso dell’intera confederazione
Etrusca. Le notizie abbastanza vaghe, acquistano, poi, consistenza nel periodo
più antico, quando i reperti recentemente ritrovati, risalenti al IX secolo
a.c., indicano esplicitamente il primo insediamento.
Acqua pura, dolci vallate e boschi sempreverdi sono
i tre tasselli di un intreccio che, al pari di un mosaico, presentano immagini
molto lontane dalla quotidianità moderna, ma geograficamente molto vicine e,
che fanno di questo luogo un sito di trasognata idilliaca beltà.
Per arrivare a Bolsena si lascia il monotono
susseguirsi delle colline che fanno da cornice alla consolare Cassia, per
addentrarsi in un mondo diverso. Il nastro di asfalto che ci lasciamo alle
spalle si snoda cingendo in un abbraccio i monti Volsini ricoperti di uliveti e
alberi da frutto, nonché da vigneti, grandi quanto fazzoletti e, così ben
squadrati da sembrare usciti da un trattato di geometria. Un altro tornante e
ci si tuffa nella storia ed è come entrare in un mondo rovesciato, dove si può
ancora “ascoltare il silenzio” ; sembra essere entrati in un’atmosfera
inquietante, sovrannaturale, dove tutto è a misura d’uomo e non viceversa. E
tutto sembra irreale, come in un luogo delle favole.
Le erte stradine che salgono verso la Rocca, sono un gomitolo di
scorci assolutamente unici. Lievi logge in cotto e pietra, arcate aeree,
colonne sono come quinte d’una scenografia teatrale su un palcoscenico dove
ogni giorno si replica la stessa commedia di sempre. Cercare di visitarle è
come ripercorrere i sentieri più spettacolari della storia ed è come uscire dai
testi classici e leggere la cronaca di Bolsena sui muri, sulle grate delle
finestre, sui portali, sulle pietre calpestate. Scopriamo la città non solo nei
suoi scorci più noti e ufficiali, ma anche in quelli di solito evitati,
volutamente dimenticati, imbarazzanti, per alcuni, nella loro rozza
trasgressività, eppure non per questo meno vivi e reali. Scopriamo, allora, di
avere percorso non solo le vie più larghe e pulite, ma anche vicoli sporchi e
stretti. D’avere spinto lo sguardo non solo all’interno di stanze ben arredate
e luminose, ma anche in “fondi” scuri e sudici, che poi è il modo migliore di
conoscere una città.
Il retaggio di antiche usanze e superstizioni,
ancora fervido, rivivono oggi, attraverso le rievocazioni che alla solitudine e
al pianto uniscono le interpretazioni dei sentimenti più intimi dell’uomo. Così
come la rappresentazione festosa del Corpus Domini e delll’Infiorata, intreccio
di credenze religiose e pagane che si fondono nell’interpretazione della gente.
L’Ostensorio, con l’ostia consacrata, è portato in processione per le vie del
paese antico, ricoperte da un chilometrico tappeto di petali di fiori che
raffigurano la passione di Nostro Signore. E questo perché la sacra reliquia
non calpesti le “pagane pietre”.
Percorrendo le lastricate ed erte strade di Bolsena si raggiunge il
Castello del XIII secolo, edificato da Papa Urbano IV con le pietre dell’antica
Bisentium, la cui Acropoli e poco distante. La fortificazione, snella e con un
disegno architettonico slanciato e lieve, fa da contrappunto alla Chiesa che le
sta di fronte, la cui facciata in stile romanico in pietra bianca manda
bagliori esaltanti. Il castello è oggi sede del museo cittadino, piccolo ma
considerato tra i più interessanti ed importanti della zona. Eccezionale per la
sua collezione archeologica etrusca, risalente al periodo arcaico e a quello
dell’età del bronzo. Di particolare rilevanza storico-artistica i reperti
votivi, intelligente l’impostazione didattica che gli è stata data.
E’ dai muri di ronda del castello che, sia nell’ora
dorata del tramonto o nel fulgore del meriggio o nella brillantezza del mattino
si può ammirare il lago, in tutto il suo splendore, ed al centro di esso le sue
piccole isole. La più grande, dove sopravvive un bosco di macchia mediterranea,
ospita il Palazzo Farnese attribuito ad un progetto di Antonio da S. Gallo il
Giovane. La più piccola, nata dal bordo superiore di un cratere minore, è
disabitata. L’intero lago formatosi sul cratere di un vulcano spento è ricco di
molte specie di pesce, tra cui spicca il Coregone, da vago sapore di spigola.
Con i suoi 114 Kmq. ed il perimetro di 43 Km. È il lago più grande le Lazio e il
quinto d’Italia. Una strada lo costeggia costantemente, per 60 chilometri,
rasentano le sue rive e i crinali delle colline. Intorno a questo lago nascono
itinerari veramente unici a tratti fiancheggiati da panorami spettacolari e a
tratti impervi. Non mancano scorci importanti, sui quali si incontrano altri
centri rivieraschi.
Il lago di un celeste intenso non è inquinato e
permette una visibilità fino a 15
metri, le sue acque fanno da specchio alla luna in cielo
e alla fitta vegetazione delle rive, sembra impossibile, ma le sue acque sono
potabili.
La cucina, di Bolsena, è genuina e pura, legata,
come di dovere, alla cultura lacustre, usa prodotti genuini tratti da una terra
fertile e generosa come quella delle sue colline. Qui l’arte culinaria è rozza,
ma ciò non vuol dire che i piatti siano poco saporiti, sono solo poco
elaborati, preparati con l’essenzialità che l’ambiente richiede. Per cucinare
si usa ancora oggi, come nei tempi antichi, la stessa acqua del lago. Nelle
trattorie più antiche, si può ancora gustare la “sbroscia”. Semplice, saporita
e poco elaborata zuppa di pesce lacustre e verdure. Se poi, il tutto è
annaffiato dal generoso vino bianco che producono le fertili colline dei
Volsini, non fa certo rimpiangere le fatiche della visita ad una città tutta in
salita.
RENATO NENCI
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