di
Renato Nenci
Terra di forti emozioni
l’Umbria , fatta di paesaggi a volte arditi, altre volte dolci e sensuali, dove
risuona l’eco della fede che qui ebbe la sua culla dorata. In Umbria,
curiosamente, per scoprire le più interessanti e antiche tracce della fede non
si deve cercare nel cuore dei borghi, quanto nelle campagne o fra le pieghe
delle colline, comunque ben lontano dai grandi centri urbani.
Sul Monte Subasio, religione
e storia costituiscono da secoli un riferimento culturale forte. li si sono intrecciate
e sciolte, vicende, che nel tempo hanno rappresentato il segno distintivo
dell’intera regione. E’ qui che Francesco ricevè la chiamata da Dio, è qui che eresse
la sua chiesa, è sempre qui che fondò la sua regola e da qui lanciò il suo
messaggio di povertà e di umiltà al mondo intero.
Il monte appare appartato
rispetto alla vivacità di Assisi e dell’intera valle. In questo posto la natura
è stata generosa ma aspra, alle sue pendici le ondulature hanno un carattere
forte e una identità particolare: il bosco. Querci e lecci, si alternano a
macchia di basso fusto, con campi coltivati, meticolosamente squadrati che danno l’impressione di piccole isole
lavorate in un mare di vegetazione. Strano il Monte Subasio, di modesta
altitudine, ma di selvaggia suggestione.
Qua in questo luogo. Il
medioevo è ancora presente con le sue
chiese, con i suoi conventi e i suoi carmeli che si fondono nell’ambiente,
nascosti dal bosco e invisibili al tempo. Qua i confini terreni si mescolano
con gli orizzonti religiosi.
Collepino nella parte
orientale del monte è una località fuori dal tempo che sembra non avere
rapporti con il mondo moderno; in questo piccolo paradiso perduto, uomini
poveri di beni, e ricchi di fede hanno costruito a loro misura, e in armonia
con i luoghi, una bellissima chiesetta. Costruita nel mezzo di una radura è
circondata da pini e da grandi lecci. La costruzione in perfetto stile
francescano fu affiancata nel XIV secolo
da un Carmelo, dove da sempre al ritmo naturale di una vita semplice e
all’ombra dell’imponenza della regola scandita al rintocco severo delle
campane, quella della chiesa, vive una piccola comunità di suore piena di
riservatezza e mistero.
La gioia di essere insieme,
di condividere, di raggiungere e mantenere l’equilibrio tra il terreno e il
divino è il disegno primario di queste donne completamente dedicate alla
preghiera. Temperanza come moderazione e, il lavoro come impegno e generosità
per se stesse e per gli altri, non tristezza ma gioia nella preghiera sono il
colante per lo stare insieme in letizia.
Una passeggiata in questi
luoghi si popola di strane sensazioni e di momenti di profonda riflessione.
Quelle strutture consacrate alla meditazione sembra ci avvolgano di una spiritualità
che fa sembrare remoto il frastuono della realtà quotidiana. Il fascino
dell’arcano e la curiosità del mistero ci fanno incontrare la clausura.
La letteratura dell’800 l’ha sempre presentata come scelta
per gente disfatta e rinunciataria del mondo. Siamo entrati, in punta di piedi,
a vedere questa vita di silenzio nel ritmo quotidiano della preghiera e del
lavoro.
Il colpo d’occhio entrando è
di gusto trecentesco, si distingue subito per il tono rigoroso dei colori , per
l’essenzialità delle linee, l’espressione signorile dell’insieme, più che
manifestarsi in una forma architettonica ben definita, è tutto affidato agli
effetti delle emozioni che evidenziano i contrasti. All’interno di questo
piccolo mondo ogni dettaglio è prezioso: il ritmo sinuoso degli archi, del
chiostro perfettamente quadrato, la tessitura delle finestre ad arco in
laterizio, alcune ancora coperte da mensole di legno. La pavimentazione del
chiostro è in ciottoli di fiume e ancora possiede la sua originalità del 1300,
al centro un prato ben curato e di colore smeraldo intenso Ogni pietra, ogni carruggio, ogni cosa è un
patrimonio storico degno di rilievo.
Entrando nella chiesa e,
alzando gli occhi verso il soffitto affrescato, si avverte l’armonia
dell’impeto figurativo realizzato da un allievo del Perugino. L’altare è
piccolo e ben proporzionato con lo spazio. La semplicità delle line costruttive
è ancor più marcata nella parte superiore, della tavola liturgica, dal grande affresco che
occupa tutta la parete facendo risaltare lo splendido ritmo narrativo della
raffigurazione che esalta la plasticità del Cristo deposto dalla Croce.
Abbiamo incontrato Maria
Alessandra, Suor Maria, giovane laureata in matematica, bella, di buona
famiglia che un giorno all’improvviso ha deciso di dedicarsi completamente a
Dio, alla quale abbiamo posto alcune domande.
Perchè questa scelta?
Quando Dio, passa e, chiama non si può rispondere di
no. Bisogna seguirlo.
Perchè ha voltato le spalle al mondo?
Lasciare il mondo è prima di tutto lasciare se stessi,
per iniziare a vivere per gli altri. Quindi vivere in monastero è ricordarsi
del mondo.
Forse aveva paura di non poter affrontare tutte le
realtà quotidiane?
No, non è questione di paura, perchè vivere una vita
di preghiera non è solo, ricordarsi delle sofferenze dei fratelli ma farle
proprie.
Che cosa le manca di più del mondo che ha lasciato
alle spalle ?
Non rimpiango niente. Piuttosto vorrei che fosse il
mondo a invidiare la mia pace.
Si sente diversa dalle altre ragazze?
Sento il privilegio di questa vocazione speciale. Ma i
miei anni valgono quanto quelli delle mie coetanee.
Non le manca niente del mondo esterno?
No!
Incontrare una ragazza che
ami il silenzio e la preghiera, che si allontana dal chiasso e dalla corsa vertiginosa
al successo, che cerca il perchè della propria e altrui esistenza, è un po’
difficile. Noi l’abbiamo incontrata e ci siamo sentiti protetti.
Così, in questa epoca smagata
e disinteressata, materialista e godereccia, si scopre quasi per caso che a Collepino sul Monte Subasio,
si viene per pregare, per chiedere una grazia o per qualche inesorabile
desiderio di mistiche ispirazioni, che partono da chissà quali remoti impulsi
dell’anima e, che si abbeverano in un ritrovato sogno di pace e serenità.
Ci voltiamo indietro, mentre
ci allontaniamo, prima di chiudere il pesante portone e, lasciare all’antica
solitudine, una chiesetta, incastonata in un Carmelo che, per scelta, rimane,
lontana dal tempo ci coglie un velo di nostalgia.
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