Poco
distante da Orvieto, a dominio della valle del Paglia, aggrappato ad una cresta
di tufo, un ciuffo di case, così protetto, così teneramente piegato a
semicerchio, indica un antico e suggestivo insediamento medioevale.
E’
Allerona, pensata e costruita circa 800 anni fa, in mezzo ad una natura
selvaggia che, per fortuna, ancora oggi è rimasta incontaminata dalle malsane
quotidianità delle città. Sulla collina, il paese occupa tutto il cucuzzolo, le
sue modeste case, dignitose, addossate le une alle altre, sono tutt’uno con la
Chiesa e il campanile. Una serie di “belvedere” ci permette di ammirare un
panorama bellissimo e sconfinato sotto gli scorci più diversi, fino ad
intravedere gli ultimi contrafforti delle “crete senesi”, l’ultima lingua della
Valdichiana, con i suoi olivi contorti e callosi come le mani di chi lavora la
terra. La strada per arrivarvi sembra sospesa tra montagna e cielo, sembra una
via tracciata dal tempo.
Allerona
non è un “paesetto come tanti altri: lo si capisce appena varcata la
porta trecentesca” e, lo sguardo vaga
per non sapere dove appoggiarsi, giacché le ristrutturazioni, molto accurate di
cortili e di ballatoi sembrano uscire dal passato e, all’improvviso appaiono
slarghi e piazzette vezzose di gerani e garofani profumati.
La
documentazione storica del “Castello” è scarsa, perché Allerona stessa è
Castello, Fortezza, Centro Religioso, luogo di culto, dove all’interno delle
sue mura sono racchiuse e protette tutte le sue case. Fino ad oggi Allerona è
riuscita a mantenere intatto il suo destino di luogo appartato, di fortezza
privata, volutamente inserita in un luogo di secondo piano. E’ un acropoli
compatta, costruita intorno alla chiesa monumentale e solenne; la cui
finestra dell’abside, protetta da una lastra di alabastro, rivolta ad oriente,
lascia filtrare il “sol levante” che, così come attraversa con la sua lama di luce le ultime ombre della notte, illumina
la croce lignea, posta al centro dell’altare, con il primo raggio del giorno.
Visto
dal basso della piazza, il “Palazzo della Castellana” non ha sembianze di
fortificazione. Sembra piuttosto, un palazzotto patrizio. Ci accoglie una giovane signora dal
fare gentile e con gli occhi del colore del mare nel quale sarebbe facile perdersi. Il "Palzzzo" più volte
rimaneggiato ha preso le sembianze di una costruzione settecentesca che tuttora
mantiene. Il suo aspetto è gradevole, se pur modesto, dietro queste mura poco significanti, si aprono sale che hanno
un valore immenso. La ristrutturazione molto accurata, seguita in modo assai
intelligente, denota molto amore per le cose cariche di storia, da parte del
proprietario. Penetrando per quanto possibile nei segreti della storia, di
questa costruzione, sembra passare dal presente al passato e, appaiono tesori che
rimangono impressi nello sguardo e nella mente.
Qui nessuno è straniero e si
vive come in una grande famiglia, la gente ha mantenuta intatta la propria
semplicità di costume, ha conservato le più antiche tradizioni di ospitalità.
Senza accorgersene si riesce a cogliere il senso dei segni senza senso, si
riesce a sostare nel tempo lento di un tempo e, le case appaiono musei senza
capolavori, ma trasudano tutta la “sfinita” fatica di chi le a costruite.
Allerona non ha figli celebri che la innalzano agli altari della popolarità. E’
un luogo senza gloria, ma anche senza infamia. E’ un paese tranquillo, dove mai
nessuno riuscirà a scalfire la tradizione come quella come quella che ormai
dura da più di 600 anni: la festa della “Madonna dell’Acqua” che si
ripete ogni anno, ormai immutata, con la stessa commozione, lo stesso dolore,
con lo stesso rituale di luci, di fiori, di note dolci e strazianti dei secoli
passati.
Nel secolo discreto e rivoluzionario che
fu il duecento, molti ricchi decisero di cambiare vita e di impegnare i
propri cospicui capitali in “campagna” e, sembra che un esponente di un ramo
minore di una illustre famiglia orvietana, commissionasse a un Grande Maestro Muratore, la progettazione e la realizzazione di una Chiesa. Il Borgo di chiese
a quel tempo ne aveva già due, una all’interno delle mura, l’altra, proprio di
fronte alla porta d’ingresso al paese, molto semplice di stile francescano,
piccola spoglia.. La costruzione di primitivo stile gotico, è suggestiva, di pianta ottagonale e povera, nessun
affresco alle pareti, una grande sala spoglia con a fronte un altare
altrettanto spoglio. All’esterno ha un aspetto innovativo per il tredicesimo secolo,
con un concetto concreto e con una nuova e più sublime armonia che, trascina
tutte le linee verso l’alto, per sostenere un rapporto con l’infinito. Ad un esame più obbiettivo, non sembra
proprio che il Grande Architetto abbia messo mano al progetto di
questo luogo di culto, ma perché riportare alla realtà un sogno e una
speranza ? - Così per queste irremovibili ragioni, ci piace pensare che
questa particolare costruzione, sia uscita dalla concretizzazione esoterica del pensiero di un grande della
storia. Comunque, chi ne sia l’autore, testimonia un talento di assorta
ispirazione e di grande “valentia” tecnica.
Nel “Borgo” vivono un
centinaio di abitanti. Il resto della popolazione (complessivamente circa 2000
persone) abita nella parte nuova di Allerona che, sorge a circa otto chilometri di distanza: è stata
creata una sorta di “terra di nessuno”, fatta di campi di grano, vigneti,
stradine di terra battuta tra la parte più antica e quella più recente, quasi ad evitare qualsiasi contaminazione
architettonica. Il paese antico, purtroppo non è passato indenne attraverso le
“innovazioni urbanistiche” degli anni sessanta. Ha dovuto subito una specie di
sorda violenza, le case in pietra sono state sopraelevate in tufo, intonacate o
peggio ancora colorate, sono come una ferita aperta fatta da gente senza
mestiere, cercando di modificare un mondo carcadico che esaltava l’eleganza
della costruzione “povera”, che mai prima fu scalfita neppure da nèmesi maligne.
Ad Allerona, non esistono
“bazar” di souvenir multicolori, o finte botteghe artigiane, guide o interpreti
o ciceroni, così come non esistono alberghi o pensioni. Esistono soltanto le
case, i vicoli, le ombre, le folate di fredda tramontana, i pochi abitanti e la
loro curiosa “sonorità linguistica”. E’ un luogo, questo, che coloro che vi
abitano giorno e notte, estate e inverno, riescono ancora a goderselo:
sedute, fuori dagli usci, su sedie di paglia o su semplici panchetti di legno,
le donne, nelle calde serate estive, raccontano le storie di paese, rievocando
talvolta un passato popolato anche da personaggi immaginari, usciti dalla
fertile fantasia di chi racconta. Con questi racconti che spesso, si fondono
tra storia e leggenda, si tramandano di generazione in generazione quegli
episodi di fiera ribellione, di prestigio e di autonomia che, soltanto la
potenza orvietana, riuscì ad attenuare. E’ gente semplice, quella che vive ad
Allerona, così come le donne fantasticano fra loro, gli uomini, dopo il duro
lavoro della giornata si ritrovano a giocare a carte, ora compagni ora
sfidanti, nell’unico bar esistente, con davanti un bicchiere di quel generoso
vino che riescono a produrre.
Una nota stonata
dell’armonia di un concerto unico al mondo, come Allerona, è il deposito dell’acqua; costruito
rubando spazio vitale all’unica piazza del paese. La costruzione, in mattoni, sembra volersi
avvicinare alla “Chiesa del Gran Maestro Muratore”, ma ne è soltanto la brutta copia del
pensiero che, sta proprio male al lato della quattrocentesca pieve parrocchiale.
L’autenticità umana di
Allerona, se da una parte riesce a conservare il “Borgo” come luogo di vita,
dall’altra nulla può contro il suo lento ed inesorabile degrado storico e
strutturale. Allerona non emerge, perché
alla fine, non vuole emergere dal suo quasi millenario silenzio.
Impoverita, ferita, quasi deserta, è contenta di questo suo spazio appartato e
schivo, che non è ne appartato ne schivo, ma che vuole resuscitare a nuova
vita.
--------------------------------------------------RENATO NENCI--------------------------
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